Era o Giunone

Era (conosciuta presso i romani col nome di Giunone)Figlia di Crono e di Rea, sorella e moglie di Giove, una delle maggiori divinità dell’Olimpo, era soprattutto considerata come la dea che presiedeva alla fedeltà coniugale, anche se la leggenda si Compiacque di rappresentarla proprio come la moglie più spensieratamente e volubilmente ingannata.
 

Era venerata cime protettrice dei matrimoni e dei parti: il suo epiteto più comune di Giunone Lucina era invocato dalle partorienti perché proteggesse i bambini quando aprivano gli occhi alla luce.

Secondo Esiodo, sarebbe stata la terza moglie di Giove che, prima di lei, avrebbe sposato Mèti e, successivamente, Tèmi o, secondo altri, Latona o Lèto. Quando Giove si innamorò di lei, le si sarebbe presentato sotto la forma di cuculo; ma sarebbe stato subito riconosciuto da lei che, prima di cedere alle sue istanze amorose, avrebbe chiesto d’essere sposata.

 
 

Compiute le nozze, Giunone fu, senza tregua, tormentata dalla gelosia, giustificata dalle con-tinue infedeltà del suo augusto marito, del quale spiava tutte le mosse e perseguitava crudelmente tutte le amanti e i loro figli. {mosimage}Odiò specialmente Ercole – che Giove aveva avuto da Alcmèna – e quando Giunone si persuase di non riuscire ad affezionarsi l’incostante marito neanche ricorrendo al prodigioso cinto che si era fatto prestare da Venere, sconfitta nel suo amor proprio, si ritirò a Samo, dove dimorò per molto tempo.

Per indurla a tornare a lui, Giove, maliziosamente, fece correre voce di voler sposare Platèa, figlia di Asopo; e fece intanto venire sopra un carro trionfale la statua di lei, che Giunone, in un cieco impeto di gelosia, fece a pezzi. Ma, poi, accortasi che si trattava d’una beffa preparatale per riderne con lui e fare la pace. Però gliene serbò rancore; e quando i Giganti mossero guerra a Giove, parteggiò apertamente per loro.

Egli, sconfittili, per punirla della sua ribellione, la fece incatenare, pei piedi, su due incudini, sospesa in aria, con le mani legate, dietro le spalle, da una catena d’oro. ad operare di Vulcano. Durante la guerra di Troia, Giunone, che non aveva mai perdonato a Paride di averle preferito, nella famosa gara di bellezza, Venere, parteggiò animosamente pei Greci contro gli odiati Troiani, estendendo la sua acre vendetta anche al pio Enea, al quale creò mille traversie nel luogo viaggio alla ricerca della nuova patria, promettendo, fra l’altro, ad Eolo. se avesse fatto naufragare la flotta troiana, di dargli in moglie Deiopèa, la più bella delle sue Ninfe. Gelosa che Giove avesse concepito Minerva (Atena) senza il naturale concorso di lei, volle imitare l’esempio; e mise al mondo Marte, facendosi fecondare da un fiore.

 

Era (conosciuta presso i romani col nome di Giunone)

{mosimage}Uno dei mortali, Issione re dei Lapiti, osò d’insidiare la virtù della sposa di Giove, da lui conosciuta ad un banchetto celeste cui era stato invitato; ma essa ne avverti subito il marito, che, per farsi giuoco del temerario, creò una nube che aveva l’aspetto di Giunone: e quando Issione le s’appressò e la possedette, Giove lo scaraventò nell’Inferno dove le Furie lo avvinsero, con catene di serpi, ad una ruota che girava senza fine. A Roma, l’Era greca si identificò presto con la Giunone latina, e rappresentò, come Giove, la luce celeste. A lei furono consacrate le calende d’ogni mese, e tutto il mese di Giungo, così chiamato dal nome latino di lei, Iuno.
In suo onore si celebravano, le feste Matronali e, le Capròtine. Dapprima, a Roma, era stata confusa con la Mater Matuta – un’antica divinità italica della luce mattutina – ma, poi, finì con assumere tutti i caratteri di Era, sia sotto il nome di Giunone pronuba, cioè di quella che conduceva la sposa alla casa maritale, sia di Giunone Regina, cioè protettrice dello Stato romano.
Era rappresentata come il prototipo della bellezza matronale, piena di una grazia altera e dignitosa; dai grandi occhi e dall’alta e nobile fronte, sulla quale discendono, divisi nel mezzo da un’alta scriminatura, i bellissimi capelli increspati e raccolti in spesse trecce sulla nuca. Alcuni dipinti la raffigurano con una corona lampeggiante in capo, uno scettro impugnato nella destra, sopra un carro tirato da due pavoni. Spesso, vicino a lei, o in una delle mani, figura una melagrana, simbolo dell’amore nel matrimonio. Oltre al pavone, le erano sacri il cuculo, e lo sparviero.

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