In Mesopotamia, già intorno al 3600 a.C., risiedeva una popolazione, conosciuta come "gente di Obeid", essa era pacifica e abbastanza progredita. Successivamente nel 3500 a.C., dall’Asia centrale migrarono i Sumeri, fondando la città di Ur dei Caldei , portando conoscenze astrologiche, matematiche ed un protosistema legislativo. Tale civiltà lasciò il posto a quella semita che aveva come re Sargon (da cui Sargonidi o Accadici), che fondò la città di Accad che acquisì più importanza di Ur.
Tra il 2300 ed il 2000 a.C. due popoli scesero dalla regione impervia del Sinai: gli Amorrei ed i Cananei. I primi si sono diretti verso la Mesopotamia, sconfiggendo i sargonidi e dando i natali ad Hammurabi, famoso per le tavole delle leggi, dalla cui dinastia proverranno i fondatori di Babilonia; i secondi si sono diretti in Palestina, dove risiedevano altre popolazioni a carattere nomade. In questa regione, dal 2900 a.C., esisteva già una città: Biblo, famoso porto commerciale, utile agli egiziani per trasportare i papiri. Tale centro subì devastazioni dai Cananei, ma rimase importante nodo commerciale e luogo di influenza economica egiziana. Ciò è testimoniato dalle numerose scritture egizie, nelle quali è riportato o richiamato il nome di Biblo.
Successivamente l’area di Canaan cadde sotto il dominio ittita, in particolare possedimento degli hapiru che appartenevano ad una popolazione migrata dalla Mesopotamia a seguito dell’invasione ittita, successivamente alleati con gli abitanti dell’Anatolia. In questo periodo in Egitto regnava Akhenaton, il quale cercò di attuare una rivoluzione religiosa di carattere monoteistico e si disinteressò della politica estera, mostrando il fianco ad invasioni di popoli.
La Cananea fu poi ripresa dagli egiziani, ad opera di Tutankamon, Ramsete e Seti I, successori di Akhenaton, ma mantenne una sua indipendenza. In questo periodo comincia a nascere con Davide il regno di Israele, che approfitta di questa indipendenza dei Cananei per prendere una propria strada individuale.
A questo punto, sulle coste libanesi si presentò il "popolo del mare", risultato di una migrazione nord europea che, conquistata la Grecia, in particolare la civiltà micenea, per mezzo dei Dori, si riversò su Creta, luogo di altra florida cultura, e su Cipro. Da qui ci fu una invasione delle coste libiche, fino a quelle egiziane, dove Ramsete riuscì ad ottenere un vittoria. I popoli del mare, o anche Khreti e Plethi (Cretesi e Dori), si assestarono in Cananea, fondando, alcuni, la Filistea; altri, amalgamandosi con le popolazioni locali, diedero luogo alla civiltà fenicia. Inoltre una parte di questa migrazione dalla Grecia si diresse presso gli Ittiti, sconfiggendoli e da qui in Mesopotamia.
Siamo intorno al 1500 a.C., nasce la città di Tiro che diventa più importante di Biblo. In questo periodo i navigatori cananei cominciano ad avere navi più robuste, impiegando il legname ed il cedro libanese, ed a percorrere rotte più lunghe (fino ad allora si viaggiava lungo la costa). Questo cambiamento è dovuto senz’altro ad una contaminazione da parte dei popoli del mare. Israele ingaggerà dure lotte contro la Filistea (basti ricordare l’episodio di Davide e Golia), mentre con i fenici avrà sempre un rapporto pacifico ed improntato su un carattere commerciale.
Nata verso il 1150 a.C., la civiltà fenicia si avviò ad un lento declino verso l’850 a.C., con la dominazione assiro-babilonese, fino al 350 a.C., periodo della dominazione macedone di Alessandro Magno.
Tramite una fitta rete di commerci e attraverso l’uso delle navi triremi di loro invenzione, si sparsero in tutto il Mediterraneo, fondando città ovunque. E’ possibile riassumere la seguente situazione.
Libano: Tiro, Sidone, Tripoli, Haifa, Arvad, Beruta (Beirut);
Africa Settentrionale: Leptis Magna, Utica, Cartagine, Tunisi, Lisso (dopo le colonne d’Ercole);
Sicilia occidentale: Drapana (Trapani), Lilibeo (Marsala), Panormo (Palermo), Mothya (Mozia);
Spagna: Gadir (Cadice), Ibiza e Cartagena;
Sardegna: Nora, Cagliari, Bythia, Carloforte, Tharros e Sant’Antioco;
Creta, Rodi, Melo, Malta, Gozo, Cipro.
Si presume che anche la città di Tebe in Grecia abbia origini fenicie. Su alcuni documenti si racconta della presenza fenicia anche in alcuni porti dell’Asia Minore. I Fenici subirono diverse dominazioni, ma le affrontarono intelligentemente, rispettandole. In cambio poterono mantenere una certa autonomia economica.{mospagebreak}
La Fenicia convisse con Israele in modo pacifico, sviluppando un’intensa attività commerciale. A Tale proposito, ricordiamo che intorno al 1600 a.C. l’Egitto si trovava sotto il controllo degli Hyksos. Questo era un popolo di origine hurrita, cioè caucasico, proveniente dalle regioni dell’Urartu, molto favorevole agli ebrei, che aveva conquistato la mesopotamia, stabilendosi tra Siria ed Assiria, ed era in lotta con gli ittiti. I semiti, seguendo Giuseppe, migrarono dalle dure terre palestinesi verso il delta del Nilo, dove vissero in pace e serenità.
Successivamente nel 1570 a.C., il faraone Ahmose dell’Alto Egitto cacciò gli Hyksos e fondò il Regno Nuovo, destinato a durare quattro secoli. Sotto Tutmosi III, gli ebrei migrarono dall’Egitto, guidati da Mosè (forse un seguace del monoteista Akhenaton, che si avvalse di Aronne per comunicare con i semiti) e si ristabilirono nella Palestina, occupata nel frattempo da altri popoli, fondando le dodici tribù. Siamo intorno al 1200-1100 a.C., a questo punto, come già detto, entra in scena Davide che riunisce le tribù e fonda il regno di Israele, approfittando del fatto che l’Egitto, in lotta con gli Ittiti, lascia un po’ di autonomia alla Palestina.
{mosimage}In seguito alla dominazione dei popoli del mare nasce il regno dei Fenici. Le città di Tiro, fondata da Hiram prima del 1100 a.C., e Sidone prendono il posto, come importanza, di Biblo. La convivenza con Israele, basata sul commercio, si interruppe per questioni religiose.
La convivenza con l’Egitto fu ottima e sempre imperniata al commercio. Verso l’850 a.C. gli assiri di Assurnarsipal II, non più minacciati dal pericolo dei Medi, conquistarono i fenici, i quali, consapevoli della loro inferiorità, andarono incontro agli aggressori con pace e proponendo commerci. Ciò ebbe i suoi frutti fino al 700 a.C., quando tutte le città parteciparono ad una rivolta armena antiassira, subito sedata da Sennacherib, che impose una tassazione elevata. Sidone subì devastazioni, Tiro si difese e la sua isola non fu presa, nonostante alcune città fenicie collaborarono con gli assiri, come faranno secoli dopo con Alessandro Magno.
Sotto il successore assiro Asarhaddon, Sidone si ribellò e stavolta fu Tiro a collaborare con i mesopotamici. Sidone fu distrutta. Fu poi la volta di Assurbanipal che continuò a controllare la zona.
In generale, però la Fenicia, anche se divisa in due provincie (settentrionale e meridionale), continuò a prosperare con i commerci.
Intorno all’800 a.C. alcuni abitanti di Tiro migrarono in Africa e fondarono Cartagine, la cultura che ne deriverà acquisterà sempre più potere, fino allo scontro con quella romana, che segnerà la sua fine.
Nel 600 a.C. la civiltà di Assur e di Ninive lasciò il posto a quella di Babilonia, sotto il dominio di Nabucodonosor II, che scese fino in Egitto. I Fenici si allearono con Israele per contrastarlo, ma furono sconfitti. Gli ebrei conobbero la cattività babilonese, ma Tiro resistette di nuovo, dal 585 a.C. al 572 a.C., proponendo alla fine un patto di pace, in cui formalmente veniva annessa a Babilonia, mantenendo comunque una certa autonomia economica. Questo grazie anche alla politica del lungimirante re babilonese che sognava un grande impero in Armonia. Gli ingegneri fenici lavorarono a Babilonia e la resero una delle città più belle del mondo.
Nel 539 a.C. il re persiano Ciro II conquistò la Mesopotamia e quindi la Fenicia. I fenici costituirono la marina persiana e aiutarono gli ebrei a ricostruire Gerusalemme, abbandonata per il periodo di cattività. La convivenza con la Persia fu eccellente, anche se Tiro perse Cipro, presa dall’Egitto.
Nel 525 a.C. il re persiano Cambise conquistò anche l’Egitto ed i Fenici collaborarono nell’impresa, avendo in cambio la quasi totale indipendenza.
Nel 500 a.C., Dario era il re dell’impero persiano. Dinanzi a Salamina di Cipro i fenici furono sconfitti dai greci, inferiori come numero ed esperienza, successivamente presso Samo, con l’aiuto di Dario i fenici vinsero.
Nel 480 a.C., Serse I, nuovo re di Persia, con 1207 navi, comandate da fenici, affrontò le 313 navi greche di Temistocle, presso la baia di Salamina in Grecia, venendo sconfitto. Fu poi la volta della sconfitta di Micale, presso Mileto. Contemporaneamente, presso Imera, in Sicilia, i siracusani (alleati dei greci) sconfissero truppe cartaginesi ed etrusche. Dunque, la Grecia fece la sua comparsa sui mari che prima erano fenici. Nel 465 a.C. gli elleni presero Cipro ed ormai, assieme a Cartagine, presero il posto dei libanesi, sempre più sotto le satrapie persiane.
Verso il 350 a.C. Tripoli fu nominata capitale della federazione fenicia. I fenici avevano capito che dovevano unirsi, ma ormai era troppo tardi. Le città fenicie rimasero sotto il giogo persiano, nonostante qualche rivolta di Sidone e di Tiro.
Nel 332 a.C. Alessandro Magno, diretto in Egitto, comincia ad assediare Tiro, dopo aver annesso le altre città fenicie. Secondo la sua strategia questa città doveva essere distrutta, perché rappresentava sempre la marina dei persiani. Fu aiutato da altre città fenicie e realizzò una diga che tolse ai tirii l’elemento naturale di difesa: il mare. Tiro, che aveva ricevuto la promessa di aiuto da parte di Cartagine, si difese strenuamente, poi, non ricevendo alcuna collaborazione esterna, capitolò. Fu la fine del regno fenicio. Tiro fu distrutta e rifiorì un ancora sotto il dominio dei romani.
Verso il 300 a.C. Alessandro Magno non c’era più ed il suo impero fu diviso in tre diadochie: la Macedonia sotto gli agonidi, l’Egitto sotto i tolemaici e l’Asia Minore sotto i seleucidi. Per quanto riguarda la Fenicia, anche se il suo regno non c’era più, ci furono ancora delle attività commerciali di svariato tipo. L’elemento dominante era però l’ellenizzazione dei costumi e della società: basti pensare che ogni 5 anni a Tiro si svolgevano i giochi.
In questo periodo lo spirito fenicio sopravvisse in Cartagine che ebbe un grande splendore e presto si scontrò dapprima con i greci e poi con i romani.
Intorno all’800 a.C. alcuni abitanti di Tiro migrarono in Africa e fondarono Cartagine. Questo episodio è stato tramandato ai posteri attraverso il mito della regina Didone, che conobbe anche Enea, secondo quanto scrisse Virgilio. Questa regina era conosciuta con il nome di Elissa, figlia di Pigmalione, che per diventare re, fece uccidere suo marito. Con Elissa si schierarono diversi patrizi tirii ed essa decide di lasciare la propria patria, portando un tesoro con se e riuscì a fuggire con un tranello. Arrivata a Cipro, trovò delle donne che si unirono all’equipaggio. Poi si diresse verso la costa africana dove fece edificare la città.
Come in tutte le leggende, anche questa cela una verità. Alcuni cittadini di Tiro, probabilmente rappresentanti di una classe sociale emergente, erano in contrasto con la reggenza ed anche la borghesia locali. Ci fu un tentativo di presa di potere, che venne vanificato, per cui rimase l’esilio. Nel viaggio fu portato oro e preziosi. Gli esuli tirii scelsero la baia di Cartagine, tipico paesaggio fenicio, come luogo di approdo e di fondazione della nuova città: cartagine significa appunto città nuova. Tiro cercò di impedire questo processo, incaricando la città di Utica di distruggere la nuova colonia, ma l’operazione fallì. Da cui iniziò lo sviluppo di questa cultura molto simile a quella di Tiro. Si adoravano le stesse divinità; tuttavia mentre i fenici avevano ridimensionato la loro crudeltà nei sacrifici agli dei, i cartaginesi erano famosi per la loro efferatezza nelle celebrazioni sacre.
La città era famosa per la sua Byrsa, collinetta con una rocca ove si conservava l’oro della città e che si usava in casi di estremi di difesa. C’era il tofet , il porto (anzi erano due), il mercato affollatissimo. Era una città che commerciava con l’Africa, la Spagna, la Sicilia e la Sardegna. Le sue mura difensive erano possenti ed ogni patrizio aveva un possedimento terriero, che veniva usato anche come luogo di produzione di scorte di emergenza. La città era protetta anche da 200 km di deserto che si stendevano verso l’Egitto.
Il potere era in mano al Senato ed ai suffeti. Tuttavia ci furono diversi tentativi di golpe da parte di famiglie militari: prima ci provarono i Magonidi e poi i Barca. All’inizio la città si avvalse di un esercito mercenario, anche perchè la popolazione punica era poca, con il quale intraprese solo azioni di difesa contro i greci. Per le operazioni di conquista ci volle un esercito proprio. Verso il 450 a.C. si alleò con gli etruschi per combattere i greci. Insieme riportarono una vittoria ad Alalia in Corsica, ma ottennero pochi successi in Sicilia, contro Siracusa.
Nel 405 a.C. il generale Annibale, prese alcune città siceliote: Selinunte (distrutta), Imera, Gela, tranne Siracusa, Messana, Katania e Akragas, dove perse la vita, fermato da una pestilenza. Il successore Amilcare prese le altre tranne Siracusa, con cui concluse un trattato di pace.
Nel 398 a.C., Dionigi, il signore di Siracusa distrusse Mozia, usando la stessa tecnica che Alessandro Magno adotterà per Tiro. Per questo il generale punico Himlico, assediò Siracusa senza riuscirvi, fermato da una nuova pestilenza. A tale proposito sembra che i punici non fossero molto curati nell’igiene. La lotta con Siracusa rimase incerta e si stabilì che il fiume Alico, vicino Imera, dovesse essere la linea di confine.
Nel 310 a.C. Agatocle, signore di Siracusa, fu sconfitto da Amilcare ad Imera e si ritirò nella propria città. Nell’assedio, si diresse con alcune navi su Tunisi ed attaccò Cartagine per via terra, sconfiggendo Bomilcare. Il signore siracusano, si alleò con Ofella, diadoca d’Egitto, ma venne sconfitto. Ottenne comunque un trattato di pace, che segnava di nuovo il confine sul fiume Alico.
Dal 510 a.C. al 306 a.C., Cartagine strinse con Roma tre patti di collaborazione, mantenendo intatti i traffici, dando ausilio ai romani nei porti, aiutandosi a vicenda in caso di aggressione da altri popoli, non costruendo città in Sardegna. La cosa funzionò soprattutto con Pirro, che sbarcato a Taranto nel 280 a.C., fu sconfitto dai romani, devastò la Sicilia, fino a Lilibeo, fu poi sconfitto dai punici e dai romani venuti in loro aiuto.
Nel 265 a.C. scoppia la prima guerra punica.
Gerone, signore di Siracusa attacca Messana, che chiama in aiuto sia Cartagine che Roma, quest’ultima occupa la città con delle truppe.
La protesta punica, circa la violazione degli accordi, portò alla guerra che si tramutò in stallo, esclusa una schermaglia avvenuta ad Agrigento, fino al 260 a.C., quando a Milazzo i romani sconfissero i cartaginesi, avvalendosi del ponte mobile. I punici si rifecero a Termini. Nel 257 a.C. i romani, comandati da Attilio Regolo, vinsero a Gela e puntarono su Cartagine, dove attaccarono via terra, finendo sconfitti dalla cavalleria numidica. Amilcare Barca, padre di Annibale, soprannominato lampo, fu mandato in Sicilia, dove organizzò una resistenza tra Trapani ed Erice, ma rimase tagliato fuori dalla patria. I romani intanto vinsero alle isole Egadi ed ottennero una pace vantaggiosa che assicurò la Sicilia a Roma ed indebitò economicamente Cartagine.
Tra il 241 a.C. ed il 237 a.C. ci furono delle rivolte tra i punici, capeggiati da Matho. Sotto la guida di Amilcare, Cartagine si riprese e costruì, assieme al successore il genero Asdrubale, un considerevole regno in Spagna. Fu fondata Cartagena, che sembrava richiamare la leggenda della città punica. I Barca attuavano una politica più personale che filo cartaginese tra gli iberici.
Nel 226 a.C. fu firmato un trattato con i romani in cui ci si impegnava a non superare il fiume Ebro. Questo trattato costò l’indipendenza dei Celtiberi, che furono combattuti da entrambi. Intanto Cartagine si rafforzava ed aveva un’economia sempre più florida.
Nel 219 a.C. scoppia la seconda guerra punica.
Sagunto, città spagnola al di sotto dell’Ebro, insorge e chiama in aiuto i romani. Annibale, succeduto allo zio, prese Sagunto e Roma gli dichiarò guerra. A questo punto Annibale compì la famosa impresa.
Oltrepassate le Alpi, tra il 218 ed il 217 a.C. vinse i romani (Trebbia, Ticino, Trasimeno e Canne), attuando la sua famosa tattica dell’accerchiamento sulle ali. Non riuscì ad allearsi alle popolazioni italiche locali, se non ad alcune sannite. Trascorse un lungo periodo a Capua, ma non si sentiva sicuro a prendere Roma. Di lui si diceva che sapeva vincere le battaglie, ma non le guerre.
Si alleò con Siracusa e con Filippo V di Macedonia, ma entrambi furono sconfitti dai romani. Siracusa in particolare pianse Archimede. I romani ottennero anche vittorie in Spagna ed uccisero sul Metauro, Asdrubale, il fratello di Annibale che aveva cercato di riunire le forze.
Scipione l’Africano sbarcò a Tunisi e, con l’aiuto del numidico Massinissa, costrinse Annibale, dopo 13 anni, a lasciare l’Italia, sconfiggendolo a Zama. Fu siglata un’altra pace con Roma, dove stavolta Cartagine oltre a pagare altri debiti, non poteva compiere guerre se non con il consenso romano.
Annibale rimase a governare, portando Cartagine ad un certo benessere. Roma voleva Annibale e questi scappò prima in Siria, formando un esercito che venne sconfitto, e poi in Bitinia dove fu tradito e preferì il suicidio nel 183 a.C. alla consegna di se stesso ai nemici di sempre.
Intanto Massinissa provocava Cartagine con saccheggi, fino al punto che ci fu la risposta dei punici, contravvenendo gli accordi di pace con Roma. I romani attendevano questo momento e nel 149 a.C. scoppiò la terza guerra punica.
Nonostante Cartagine sia ritornata sui suoi passi, consegnato ostaggi e pagato altri debiti, Roma era decisa a distruggere la città ed affidò l’incarico al generale Scipione Emiliano. Il senatore Catone era un sostenitore di questa politica.
Come per Tiro, fu costruita una diga sul mare. La città fu difesa casa per casa e dopo sei giorni capitolò, nonostante il generale Asdrubalela difese valorosamente. Rasa al suolo la città, fu sparso del sale sul terreno per renderlo sterile. Sopravvissero comunque il capitalismo e l’abilità nel commerciò che già i fenici avevano tramandato al mondo.
La società fenicia
Delle città fenicie si conosce poco, in quanto, per la maggior parte, sono andate distrutte. E’ comunque possibile descrivere un modello anche sulla base di quello di Cartagine. A capo di tutti era un re che regnava incontrastato. Questo accadeva in Fenicia, mentre a Cartagine vi era un suffeta eletto dal Senato e dal Consiglio dei Cento. Questi deteneva il potere giudiziario e parte di quello esecutivo, mentre quello legislativo era affidato al Senato. Esisteva anche un Assemblea del Popolo, interpellata se c’erano discordanze tra il suffeta ed il Senato.
Esisteva anche una casta sacerdotale, articolata su precisi riti e simboli. Inoltre, la grande attività commerciale favoriva la presenza di una classe borghese che spesso aveva anche influenze sulla scena politica. La ricchezza era data non dalla proprietà terriera, come in molte altre civiltà, ma dalle numerose attività economiche.
Numerose erano le città fenicie, tutte vivevano tra loro separate, solo alla fine dell’indipendenza, prima dell’egemonia assiro-babilonese, si creò un federazione con capitale Tripoli, a nord di Biblo.
Ciascuna città era difesa molto bene: era isolata sul mare e cinta da possenti mura. Ciascuna di esse era caratterizzata da mercati e da una numerosa presenza di persone per le strade sempre vive e animate.
Poco si conosce della condizione femminile e del resto della popolazione, si sa comunque che il tenore di vita era medio-alto, anche perché la popolazione non era tantissima. Ciò è testimoniato dall’opulenza delle città e dalla presenza di diversi schiavi.
L’economia fenicia
Le fonti storiche che racconta no dei Fenici non sono moltissime: Erodoto, Livio, Diodoro Siculo, Plinio, la Bibbia.
Inventarono il vetro e lo diffusero in tutto il mondo allora conosciuto, creando il commercio di massa. Impiegarono la porpora per colorare vestiti, sfruttando dei molluschi marini, che commercializzavano ad altissimo costo.
Furono buoni conoscitori della scienza medica e dell’astrologia. Abili musicisti, si dilettavano con il flauto.
Perfezionando il codice "lineare B" adottato dai Cretesi (ripreso anche dagli egizi ed i popoli mesopotamici), furono i primi ad introdurre nella civiltà l’alfabeto che fu poi perfezionato dai Greci.
Furono i primi a circumnavigare l’Africa, ad andare in America.
vevano rotte preferenziali con il Camerun e la Costa d’Avorio, da cui traevano ricchezza e schiavi da rivendere nei mercati.
Inventarono il commercio e barattavano con i loro prodotti oro, ferro, stagno, tessuti, avorio e altro materiale.
Grandissimi navigatori, fondarono tantissime colonie, come base di rifornimento e di sosta, mai a scopo militare (se non nel periodo cartaginese). Inventarono il mito delle colonne d’Ercole in onore del dio Baal.
Grandi ingegneri realizzarono palazzi e templi importanti come quello di Salomone a Gerusalemme o di Nabucodonosor a Babilonia.
Costruirono porti in grado di difendersi automaticamente dalle maree o da fenomeni di insabbiamento: basti pensare a Sidone, Cartagine e altre città. Realizzarono città importanti e potenti come Tiro (costruita su un’isola) e Cartagine.
Tutte le città fenicie erano belle, decorate, risplendenti d’oro, come nel caso di Tiro, caratterizzate da possenti mura difensive e da porti funzionali.
Le navi entravano in porto solo per operazioni di carico e scarico, mentre, per il resto, restavano in mare. Progettarono e realizzarono il canale di Suez, assieme agli egizi.
Abili lavoratori del ferro e del metallo, fondarono la città di Esion Gheber sul Mar Rosso e commerciarono con le Indie. Tipico poi era il luogo nel quale si potevano trovare città fenicie: una baia protetta, un’altura limitrofa, una sorgente d’acqua nelle vicinanze e un po’ di terra coltivabile per le emergenze. Svilupparono anche una discreta industria tessile, indirizzata sempre a fini commerciali.
Dal punto di vista militare non avevano grossi eserciti. L’unica attività bellica fenicia che la storia ci tramanda è legata alla conquista di Cipro, isola ricca di minerali che facevano gola ai mercanti di Tiro e Sidone.
Il considerare una città separata dalle altre fu un limite per questa civiltà, in quanto non venivano mai intraprese operazioni comunitarie. Numerosi sono gli esempi di attività bellica difensiva delle città. In particolare, Tiro ci ha tramandato numerosi artifici difensivi per non cadere sotto gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani ed i Macedoni, che la distrussero.
Diversa è la situazione di Cartagine che intraprese numerose attività belliche, che la portarono alla conquista di quasi tutta la Spagna, la Sicilia, la Sardegna e alla guerra contro Roma. In principio erano impiegati soldati mercenari, ma poi, con l’evoluzione della società punica, maturò un senso civico, da cui nacque un esercito proprio.
I Fenici ed in particolare i Cartaginesi sono stati tramandati come crudeli e sanguinari soprattutto dai Greci. Ciò probabilmente era dovuto ad uno scopo propagandistico ed alla loro religione, avente tipiche caratteristiche orientaleggianti.
I sacerdoti fenici compivano molti sacrifici sui tofet, spesso anche di umani, come accadde a Cartagine sotto l’assedio del siceliota (greco-siracusano) Agatocle, dove furono sacrificate circa 300-500 giovani vite.
Esisteva una trinità fenicia: El, Baalat e Baal. Il primo è un dio inafferabile, lontano dall’uomo. Baalat è la moglie di El e la grande madre, colei che dava calore, fertilità e sicurezza all’uomo. Era anche conosciuta come Ashera.
Questa figura era nota ai Sumeri come Innin, ai Babilonesi ed Assiri come Ishtar, agli Egiziani come Iside.
Molto più vicina all’uomo è il loro figlio Baal, oppure Adon o Eshmun, venerato come Melkart presso Cartagine e Tiro. Egli ogni anno moriva e poi risorgeva, richiamando le stagioni. Egli si sacrifica per l’uomo: muore e risorge per lui. Questa figura farà nascere il mito di Ercole (Eracle) e di Adone, importato in Grecia.
C’erano altre divinità, forse realizzate dai sacerdoti per esigenze locali: Kusor, dio del mare e guardiano delle stagioni; Hijon, protettore degli artigiani e degli industriali; Dagon, dio del grano; Shadrapa, patrono dei medici, Reshef, amministratore di tuoni e di fulmini; Misor e Sydyk, dei della giustizia.
Si credeva che il mondo fosse un uovo, creato da El, e che una sua rotazione violenta avesse separato terra e acque. Poi furono creati gli dei e fu fatto l’uomo, da cui ebbero origine le vite animali e vegetali. Baal e Baalat erano venerati un po’ dappertutto.
Presso la cultura fenicia si celebrava il rito della prostituzione sacra. Ogni donna, solo una volta l’anno, in occasione di particolari feste, concedeva il proprio corpo. Questo per consentire all’uomo di corrispondere direttamente con la divinità, tra l’altro si trattava di un simbolo di fertilità.
L’elemento ravvivante per queste divinità era il sacrificio, simbolo dunque di rigenerazione e di resurrezione. Baal voleva che una madre sacrificasse il figlio con il sorriso sulle labbra: per questo erano vietati pianti e lamenti in queste circostanze.
Questa religione ebbe molti contrasti con il vicino monoteismo di Israele. A tale proposito è indicativa la lotta ingaggiata dal profeta Isaia contro la regina fenicia Jezabel, fino al punto di farla uccidere. Questo infatti simboleggiava la vittoria del monoteismo e della tradizione ebraica sul politeismo fenicio.
La filosofia di vita fenicia, imperniata sul vivere basandosi sul razionale, sul non confidare nel futuro e negli dei, sul non attendersi nulla per non essere delusi, sul vivere in uno stato di apparente serenità fu all’origine dello stoicismo.
Dalla religione fenicia nacquero dei miti, sviluppati poi dai greci: Afrodite, Europa, Adone e Dioniso.