Israele percepì il pericolo come una vera e propria minaccia alla "sopravvivenza" della nazione Ebraica. La determinazione fu quindi formidabile ed ebbe come risultato lo sbaragliamento delle forze avversarie in una vera guerra lampo.
In sei giorni, dopo aver annientato a sorpresa nelle prime ore dello scontro l’intera aviazione egiziana, Israele occupa per la seconda volta il Sinai e per la prima volta i territori palestinesi a Ovest del Giordano, annessi nel ’50 al regno di Giordania.
In altri due giorni, nonostante la tregua proclamata dall’ONU e accettata dagli Stati arabi, si impadroniscono delle alture del Golan in territorio siriano.
Con il tempo, gli stessi capi militari israeliani (tra cui il generale Rabin, il generale Peled e lo stesso generale Dayan, ministro della difesa) ammetteranno che una presunta minaccia di distruzione era inconsistente, sia dal punto di vista della forza, sia nelle intenzioni.
L’intento di Nasser probabilmente era quello, sfruttando il nuovo quadro internazionale, di riaprire la questione israelo-araba.
Tuttavia il bottino della guerra dei sei giorni, fu per Israele molto importante, era entrato in possesso dell’intero territorio della Palestina originaria, Gerusalemme Est compresa.
In una prima fase, c’era una qualche disponibilità ad uno scambio di pace contro territori.
Ma le emozioni scatenate dalla vittoria militare portarono definitivamente alla colonizzazione dei territori occupati e la popolazione palestinese ad insorgere, rinforzando così gli odi che generazione dopo generazione diventano sempre più di difficile disgregazione.
I circoli del Pentagono ritengono che la vittoria-lampo delle forze israeliane nella guerra dei sei giorni abbia fatto storia militare. In linea di massima si ritiene che, a parte i fattori psicologici ed umani del formidabile urto degli israeliani, la causa principale dei rapidi successi sia nella distruzione, nelle prime ore del conflitto, delle aviazioni arabe, e successivamente nella grande manovrabilità e flessibilità tattica delle forze terrestri.
Gli storni degli aerei israeliani, secondo quanto viene riferito in ambienti del Pentagono, sono venuti dal mare, penetrando attraverso brecce radar, giungendo così all’improvviso sopra le basi arabe, dove gli aerei sono stati colpiti e annientati a terra. Qualsiasi rete radar, salvo quelle fittissime delle grandi potenze, presenta squarci, ed è possibile che gli israeliani li avessero identificati come corrispondenti ai corridoi di provenienza marittima. Altro elemento del successo israeliano sarebbe stato quello di attaccare poco prima dell’alba. I piloti da caccia egiziani si trovano infatti in difficoltà nei duelli aerei di notte e nella semioscurità".
I Palestinesi, da parte loro cominciarono a reclutare truppe partigiane e lanciare una serie di violenti attentati terroristici, i gruppi principali della resistenza palestinese erano il Fronte popolare per la liberazione della Palestina ed El Fatah quest’ultimo guidato da Yasser Arafat il quale comincia in questo periodo a sostituire Nasser come leader del mondo arabo. Per Nasser, in effetti, la guerra dei sei giorni fu un colpo durissimo e sebbene riuscì a mantenere il potere, il suo prestigio era ora molto più debole.
Della questione furono investite le Nazioni Unite, infatti, l’URSS chiese il 12 giugno di convocare un’Assemblea generale straordinaria, reclamando l’evacuazione di tutti i territori occupati dagli Israeliani, in questa circostanza si verificò la rottura tra Israele e la Francia. De Gaulle, infatti, accettò la convocazione e accusò Israele di aver commesso un’aggressione ingiustificabile. Il generale francese sconfessava così la tradizione filoisraeliana della sua nazione arrivando a definire Israele come un popolo "orgoglioso e conquistatore".
Durante l’Assemblea si delinearono subito due posizioni contrapposte: quella sovietica che chiedeva il ritiro completo di Israele e il ristabilimento della frontiera del ’49 e quella statunitense che invece riconosceva alcune annessioni.
Una sola risoluzione riguardante Gerusalemme fu approvata, nella quale si chiedeva ad Israele di revocare tutte le misure già adottate per modificare lo Statuto della città. Israele non ne tenne assolutamente conto.
Dopo il conflitto dunque la situazione era notevolmente peggiorata; era aumentato il numero dei profughi, il problema di Gerusalemme si era complicato diventando praticamente insolubile e ancora oggi è uno dei nodi più complessi della questione palestinese, il canale di Suez rimaneva bloccato, gli Israeliani sulla riva orientale, gli Egiziani su quella occidentale, con continui scontri a fuoco.
La proposta della Francia, di una mediazione internazionale a 4 (Francia, Gran Bretagna, U.S.A., U.R.S.S.) fallì davanti al netto rifiuto delle due parti, che non accettarono l’intromissione delle Grandi Potenze nei loro affari. La solidarietà araba si sviluppava in maniera sempre più aggressiva ed avvolgente tanto da coinvolgere anche il Libano che fu sostanzialmente costretto ad accettare sul suo territorio commandos palestinesi entrando così anche esso nel conflitto arabo-israeliano.