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S’io fosse quelli che d’amor fu degno (Guido Cavalcanti)

S'io
fosse quelli che d'amor fu degno, del qual
non trovo sol che
rimembranza, e la donna tenesse altra
sembianza, assai mi
piaceria siffatto legno.

E tu, che se' de
l'amoroso regno là onde di
merzé nasce speranza, riguarda se
'l mi' spirito ha
pesanza: ch'un prest' arcier di lui ha
fatto segno

e tragge l'arco, che li tese
Amore,
s' lietamente, che la sua persona
par che
di gioco porti signoria.

Or odi maraviglia ch'el
disia:
lo spirito fedito li perdona,
vedendo che
li strugge il suo valore.

Guido
Cavalcanti
(1259-1300)
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Stalin (Josef Vissarionovic Dzugasvili)

StalinJosef Vissarionovic Dzugasvili (1879 – 1953) (Ио́сиф Виссарио́нович Ста́лин), dal mondo intero conosciuto con lo pseudonimo di Stalin (uomo di acciaio) oltre che essere stato uomo politico sovietico è da annoverarsi tra troloro che più hanno segnato la storia del XX secolo al pari di Adolf Hitler. Nato a Gori, in Georgia, da una modesta famiglia, grazie ad una borsa di studio riuscì a frequentare un seminario ortodosso, da cui verrà però espulso a causa dell’attività politica per il Partito socialdemocratico russo prima di ottenere il titolo. Nel 1902 venne arrestato e deportato in Siberia con l’accusa di avere organizzato le agitazioni dello stesso anno.

Nel 1904 riuscì a fuggire e a tornare in Georgia dove divenne un rivoluzionario e un membro di spicco del partito. La sua attività sovversiva condita di rapine ad istituti bancari proseguì fino al 1913, venne arrestato numerose volte riuscendo poi a fuggire in ogni occasione. Trasferitosi a Pietroburgo nel Comitato Centrale del partito di lì a poco fu nuovamente esiliato in Siberia. Dopo la caduta dello Zar Stalin rientrò ed assunse ruoli direttivi sia nel partito che tra i bolscevichi anche se non si distinse in modo particolare durante la rivoluzione di ottobre (1917).

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Ultima (Ugo Foscolo)

Perché taccia il rumor di mia catena
di lagrime, di speme, e di amor vivo,
e di silenzio; ché pietà mi affrena
se con lei parlo, o di lei penso e scrivo.
Tu sol mi ascolti, o solitario rivo,
ove ogni notte amor seco mi mena,
qui affido il pianto e i miei danni descrivo,
qui tutta verso del dolor la piena.
E narro come i grandi occhi ridenti
arsero d'immortal raggio il mio core,
come la rosea bocca, e i rilucenti
odorati capelli, ed il candore
delle divine membra, e i cari accenti
m'insegnarono alfin pianger d'amore.

Ugo Foscolo (1778-1827)
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Certe mie rime a te mandar vogliendo (Guido Cavalcanti)

Certe mie rime a te mandar vogliendo
del greve stato che lo meo cor porta,
Amor aparve a me in figura morta
e disse: – Non mandar, ch'i' ti riprendo,

però che, se l'amico è quel ch'io 'ntendo,
e' non avrà già s' la mente accorta,
ch'udendo la 'ngiuliosa cosa e torta
ch'i' ti fo sostener tuttora ardendo,

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