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Nessun pianeta che possegga il cielo (Leon Battista Alberti)

Nessun pianeta che possegga il cielo
mai potrà quel che non potette morte.
Stringonmi e' lacci, que' con che mia donna
già priva fe' di libertà mia vita,
quando qua giù ella lustrava al mondo
non men cogli occhi ch'or si faccia il sole.
Ardon le vive fiamme di quel sole
che spesso mi facean sprezzare il cielo,
poi che sì bella cosa vidi al mondo.
Vive el bel viso ancora, quel che morte
si crese aver privato d'ogni vita,
sol per farmi suggetto ad altra donna.

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Io m’aggio posto in core… (Jacopo Da Lentini)

Io m'aggio posto in core a Dio servire,

com'io potesse gire in paradiso,

al santo loco ch'aggio audito dire,

u'si mantien sollazzo, gioco e riso.

Sanza mia donna non vi voria gire,

quella c'ha blonda testa e claro viso,

ché sanza lei non poteria gaudere,

estando da la mia donna diviso.

Ma no lo dico a tale intendimento,

perch'io peccato ci volesse fare;

se non veder lo suo bel portamento

e lo bel viso e ‘l morbido sguardare:

ché lo mi teria in gran consolamento,

veggendo la mia donna in ghiora stare


Jacopo Da Lentini
(1210-1260)
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O da lungi sì cara (Stephane Mallarmè)

O da lungi sì cara, e bianca, e cara

tanto vicina, Mary, così te

deliziosamente, ch'io mi fingo

un qualche raro balsamo emanato

su un portafiori di cristallo, vuoto

annerito dal tempo, sì, lo sai…

Ecco che anni e poi anni, ecco che sempre

l'abbagliante sorriso mi prolunga

la stessa rosa e la sua estate bella

che si immerge nel tempo andato e poi

anche in quello futuro. E il cuore che

nelle notti comprendersi, talvolta,

cerca o con qualche nuovo nome, sempre

più tenero, chiamarti, mi si infiamma

per quello di sorella, detto solo

in un bisbiglio, testolina cara

e tesoro sì grande, se non fosse

che ben tutt' altra tu mi insegni, un'altra

dolcezza, sussurrata a bassa voce

col solo bacio in mezzo ai tuoi capelli.

Stephane Mallarmè (1842-1898)

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Rosa di fuoco (Antonio Machado)

Di primavera siete orditi, o amanti;
di vento e d'acqua e terra e sole orditi.
La montagna nei vostri petti ansanti
E dentro gli i campi rifioriti,
esibite una mutua primavera,
di dolce latte impavidi e insaziati,
ch'oggi v'offre la lubrica pantera,
prima che, torva, sul cammino guati.
Muovetevi, se l'asse della terra
verso il solstizio dell'estate aberra-
verde il mandorlo e vizza la violetta,
sete vicina, fonte non lontano
verso la sera amabile e perfetta
con la rosa di fuoco nella mano.

Antonio Machado (1875-1939)

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Driope

{mosimage}Padre della ninfa Penelope, dagli amori
della quale con Mercurio sarebbe nato Pane, il più importante genio dei
boschi. Lo stesso nome è attribuito ad un re della Tessaglia che fu
padre di Erisittòne.

Una Driope, figlia del re Eurito e sorella cui
questa Ninfa d'Arcadia, un giorno che recava in braccio un suo
figlioletto avuto da Mercurio, avrebbe spiccato da un albero un ramo di
loto per darlo al bimbo, senza curarsi che l'albero fosse sacro a Bacco.

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