Archivi categoria: Cultura

Evoluzionismo e selezione naturale

Charles DarwinFu in Inghilterra che l’evoluzionismo in biologia ebbe la sua sistemazione scientifica ad opera di Charles Darwin (18/09/1882), autore di varie pubblicazioni relative alla botanica e alla zoologia, ma soprattutto delle opere Origine delle specie, Le variazioni degli animali e delle piante allo stato domestico, L’origine dell’uomo e la selezione sessuale, Espressione dei sentimenti nell’uomo e negli animali.

Da giovane compí un viaggio per il mondo, come naturalista. Da questo viaggio tornò con molti appunti e con la convinzione che in campo biologico c’è stata evoluzione delle specie nel corso del tempo: questo solo poteva spiegare la successione delle forme viventi in uno stesso luogo, documentata dall’esistenza di fossili, e la distribuzione attuale delle specie viventi.

Ma tale convinzione doveva essere argomentata a dovere: bisognava studiare soprattutto la riproduzione e le leggi dell’adattamento all’ambiente da parte degli organismi viventi. Continuò cosí in patria la sua osservazione e procedette a varie sperimentazioni.

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Il socialismo utopistico

Claude Henri de Saint-Simon (1760-1825) fu l’ispiratore di quel movimento dei «sansimonisti» in cui si riconobbero da una parte alcuni teorizzatori del «socialismo» a lui contemporanei, e dall’altra, coloro che, dopo il Congresso di Vienna, auspicando un rinnovamento spirituale, sociale e politico sulla base della scienza e della tecnica, rappresentarono i fautori, se non addirittura i promotori, dello sviluppo industriale e della ristrutturazione sociale della Francia nell’epoca della Restaurazione.

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Odio l’amplesso che non giunge al fine (Ovidio Nasone)

Odio l'amplesso che non giunge al fine
in entrambi ad un tempo, ed per questo
che pei fanciulli non mi pinge amore;
odio la donna che si d perch'ella
costretta a darsi, e che insensibil resta
mentre pur va pensando alle sue lane;
grata non mi la volutt che data
per obbligo: non voglio che nessuna debba
adempier con me l'officio suo.
Amo i gemiti udir che il godimento
esprimono di lei: ch'ella mi chiegga
di ritardar, di trattenermi ancora.
Ch'io vegga della donna inebriata
gli occhi morenti! Che languendo implori
ch'io non la tocchi pi per lungo tempo!

Ovidio Nasone (43 a.C.-16 d.C.)
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Sete di te m’incalza (Pablo Neruda)

Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.

Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partor pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.

Per questo sei la sete e ci che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perch esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perch esistono i tuoi baci.
L'anima accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucer il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.

Pablo Neruda
(Il Fromboliere Entusiasta)
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Mi piaci quando taci (Pablo Neruda)

Mi piaci quando taci perchè sei come assente,
e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca.
Sembra che gli occhi ti sian volati via
e che un bacio ti abbia chiuso la bocca.

Poichè tutte le cose son piene della mia anima
emergi dalle cose, piene dell'anima mia.
Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima,
e rassomigli alla parola malinconia.

Mi piaci quando taci e sei come distante.
E stai come lamentandoti, farfalla turbante.
E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge:
lascia che io taccia col tuo silenzio.

Lascia che ti parli pure col tuo silenzio
chiaro come una lampada, semplice come un anello.
Sei come la notte, silenziosa e costellata.
Il tuo silenzio di stella, cos lontano e semplice.

Mi piaci quando taci perchè sei come assente.
Distante e dolorosa come se fossi morta.
Allora una parola, un sorriso bastano.
E son felice, felice che non sia così.

Pablo Neruda (Venti poesie d'amore e una canzone disperata)

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XVII sonetto (Pablo Neruda)

Non t'amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t'amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l'ombra e l'anima.

T'amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di s, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T'amo senza sapere come, n quando, n da dove,
t'amo direttamente senza problemi n orgoglio:
così ti amo perchè non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Pablo Neruda
– XVII sonetto (Cento sonetti d'amore)

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In un boschetto trovai pastorella (Guido Cavalcanti)

In un boschetto trovai pastorella:
più che la stella bella al mio parere.
Con la sua verghetta pasturava agnelli;
e, scalza, di rugiada era bagnata.
Cantava come fosse innamorata,
era adornata di tutto piacere.
D'amor la salutai immantinente,
e domandai s'avesse compagnia;
ed ella mi rispose dolcemente
che sola sola per lo bosco ga
e disse: "Sappi, quando l'augel pia,
allor disa il mio cor drudo avere".
Poi mi disse di sua condizione,
e per lo bosco augelli audo cantare;
fra me stesso dicea: "Or stagione
di questa pastorella gi pigliare".
Merc le chiesi sol che di baciare
e d'abbracciare le fosse in volere.
Per man mi prese d'amorosa voglia
e disse che donato m'avea il core;
menommi sotto una freschetta foglia,
là dove io vidi fior d'ogni colore,
e tanto vi sento gioia e dolzore
che 'l dio d'amore parvemi vedere.

Guido Cavalcanti (1259-1300)
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