Archivi categoria: Poesia

Donne Intelligenti (David Herbert Lawrence)

Chiudi gli occhi amore, lascia che io ti faccia
cieca. Ti hanno insegnato solo a leggere
problemi sulla superficie delle cose, e
algebra negli occhi degli uomini accesi
dal desiderio: in dio vedi un geometra
che interseca i suoi cerchi,
per confonderci.
Vorrei baciarti sugli occhi sino a baciarti
cieca. Se io potessi – se qualcuno potesse…
Allora forse nel buio troveresti quello che vuoi:
la soluzione che è sempre troppo profonda per la
mente, fusa nel sangue:
che io sono il cervo,
e tu la cerva tenera.
Ora basta indagare intorno a me! Vuoi che ti
odi? Sono un caleidoscopio, io, che tu agiti
e agiti, e non da mai l'immagine
giusta? Sono condannato a penetrarti
in un lungo coito di parole, io? Ora
basta. Non c'è speranza tra le tue
cosce, lontano, lontano dallo scrutare del tuo
sguardo?

David Herbert Lawrence (1885-1930)
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Dentro al tuo amore (Georges Rodenbach)

Dentro al tuo amore entro come in una chiesa
Vi aleggia un velo azzurro di silenzio e d'incenso
Non so se gli occhi miei s'ingannano, ma sento
Celesti visioni che il cuore mi angelizzano.
È te che amo oppure amo l'amore?
È la cattedrale o piuttosto la madonna?
Che importa! Se commosso il mio cuore s'abbandona
E vibra al rintocco sulla cima della torre!
Che importano gli altari e che importano le vergini,
Se là dentro, scesa la pace della sera, sento
Un po' di te che all'organo dello jubè canta
Qualcosa di me che dentro ai ceri brucia.

Georges Rodenbach (1855-1898)
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Passaggio (Constantinos Kavafis)

Quanto fantasticò, timido, da scolaro,
tutto è svelato innanzi a lui. Si svia
nelle veglie, travolto. E com'è giusto
(per l'arte nostra), il sangue nuovo e caldo
se lo gode il piacere. Il corpo cede
a un'erotica illecita ebrietà: le membra giovani
tutte in essa s'ingolfano.
Ed è così che un semplice ragazzo si fa degno
che lo miriamo, e nell'Eccelso Mondo
di Poesia pur egli passa, un attimo,
il ragazzo sensibile, col sangue nuovo e caldo.

Constantinos Kavafis
(1863-1933)
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Una notte (Constantinos Kavafis)

Era volgare e squallida la stanza,
nascosta sull'equivoca taverna.
Dalla finestra si scorgeva il vicolo,
angusto e lercio. Di là sotto
voci salivano, frastuono d'operai
che giocavano a carte: erano allegri.
E là, sul vile, miserabile giaciglio,
ebbi il corpo d'amore, ebbi la bocca
voluttuosa, la rosata bocca
di tale ebbrezza, ch'io mi sento ancora,
mentre che scrivo (dopo sì gran tempo!
nella casa solinga inebriare.

Constantinos Kavafis (1863-1933)
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Sulla soglia del caffè (Constantinos Kavafis)

Accanto, dissero qualcosa: attento
mi rivolsi alla soglia del caffè.
E vidi, allora, lo stupendo corpo,
dove di sé faceva maggior prova Amore:
vi plasmava gioioso acconce membra,
innalzava, scolpita, la persona,
con emozione vi plasmava il viso,
del suo tatto lasciando come un arcano senso
sulla fronte, sugli occhi, sulla bocca.

Constantinos Kavafis (1863-1933)
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Acconciatevi, spirti stanchi e frali (Gaspara Stampa)

Acconciatevi, spirti stanchi e frali,
a sostener la perigliosa guerra
e 'l colpo, che fortuna empia disserra,
da noi partendo i lumi miei fatali.
Quanti avete fin qui tormenti e quali
sofferti, poi che crudo Amor n'atterra,
son sogni ed ombre, a lato a quei che serra
questa seconda assenzia strazi e mali.
Perché contra il dolor mi fece ardita
un poco di virtù, che aveva allora
che fece il mio signor l'altra partita;
or, essendo mancata quella ancora,
ed essendo cresciuta la ferita,
altro schermo non ho, se non ch'io mora.

Gaspara Stampa (1523-1554)

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Il mantello (Ezra Pound)

Conservi il tuo petalo di rosa
Finchè non sia finito il tempo delle rose,
forse credi che la Morte voglia baciarti?
forse credi che la Casa Buia
Ti troverà un amante come me?
Le nuove rose sentiranno la tua mancanza?

Il mio preferisci al mantello di polvere
Disteso sopra l'anno che è passato,
Assai più devi temere
Dal tempo che dai miei occhi.


Ezra Pound
(1885-1972)
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Io miro, Amor, la terra e i fiumi e l’onde (Leon Battista Alberti)

Io miro, Amor, la terra e i fiumi e l'onde,
gli ucelli e i poggi, e' fior, le fronde e l'erbe,
e' lauri, e' mirti, e i pin, gli abeti e i faggi,
la nona ispera e l'altre u' son le stelle,
l'infime sette che i pianeti alberga,
e poi mi volgo alla leggiadra donna.
Tutte son nulla fuor che questa donna,
che eclissa el sole e fa intorbidar l'onde,
e sol risplende el mondo ov'ella alberga,
over dove col bel pie' priema l'erbe
e fa sparir nel ciel tutte le stelle,

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