Archivi categoria: Poesia

Giuoco di dadi (Giovan Battista Marino)

Stiamo a veder di quante palme adorna

sen vada, Amor, la man leggiadra e bianca,

mentre del mobil dado ardita e franca

travolge i punti e fa guizzar le corna.

L'aggira, il mesce, il tragge, indi il distorna,

né d'agitarlo e scoterlo si stanca;

e dala destra intanto e dala manca

stuolo aversario e spettator soggiorna.

Posto è in disparte, al vincitor mercede,

cumulo d'oro; e variar più volte

sorte il minuto avorio ognor si vede.

Felici in sì bell'urna ossa raccolte,

perché pur ale mie non si concede

in sì terso alabastro esser sepolte?


Giovan Battista Marino

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Giuoco di dadi (Giovan Battista Marino)

Stiamo a veder di quante palme adorna

sen vada, Amor, la man leggiadra e bianca,

mentre del mobil dado ardita e franca

travolge i punti e fa guizzar le corna.

L'aggira, il mesce, il tragge, indi il distorna,

né d'agitarlo e scoterlo si stanca;

e dala destra intanto e dala manca

stuolo aversario e spettator soggiorna.

Posto è in disparte, al vincitor mercede,

cumulo d'oro; e variar più volte

sorte il minuto avorio ognor si vede.

Felici in sì bell'urna ossa raccolte,

perché pur ale mie non si concede

in sì terso alabastro esser sepolte?


Giovan Battista Marino

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Gelosia (Giovan Battista Marino)

Vecchio importuno, che 'l rozzo labbro irsuto

sporgi al labbro di lei, ch'io prego invano,

onde con Citerea sembri Vulcano,

ed ella par Proserpina con Pluto,

e mentre curvo e pallido e barbuto

accosti al bianco sen la rozza mano,

passero insieme e cigno, ascondi insano

giovinetto pensiero in pel canuto,

fuggi, ah fuggi meschin, né tanto possa

quel desir, che t'innebria i sensi sciocchi

e che t'empie d'ardor le gelid'ossa.

Sai ch'alberga la morte in que' begli occhi,

e tu che 'l piè su l'orlo hai dela fossa,

in vece di fuggir, la stringi e tocchi.

Giovan Battista Marino
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La poesia che non ho scritto (Raymond Carver)

Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l'ho scritta
perchè ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zrigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell'alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento.

Raymond Carver (1938 – 1988)
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Lei era e non era (Mario Luzi)

Lei era e non era

verità – ne soffriva

il trito carme, del quale era regina, ne soffriva

l'uomo che lo scriveva sempre, perpetuamente.

Questo ora sa

E ne brucia di vergogna.

Ed ecco all'improvviso si sente

Oltrepassata da sé,

remota, eppure cima

d'un muto desiderio

senza fine, termine,

ancora, d'una silenziosa caccia.

C'è, oscuro, chi desidera

in quella dura astralità

raggiungerla,

una mente

umana – lo avverte –

attacca quella distanza

e lei, cerva, vorrebbe

tra sé e quella mente avida

tutto quell'azzurro accrescere,

tutta quella solitudine

e, sì, pazza, vorrebbe, anche…

che cosa? Con tutto ricongiungersi,

tutto definitivamente essere.


Mario Luzi
(1914 – 2005)

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Sogno (Giovan Battista Marino)

È sogno o ver? Se sogno, ahi, chi depinge

viva la bella imagine alla mente?

Come fiamma sì lucida e sì ardente

gelid'ombra notturna esprime e finge?

S'è ver, qual lieta stella or la sospinge

cortese a consolar questo dolente?

Da qual nova pietà mossa repente

la sua man mi distende e la mia stringe?

Questo è pur il mio sol, l'idolo mio;

è pur la bianca man questa ch'io veggio.

lo la tocco, io la bacio. lo son pur io.

Ciò che sei, vero o sogno, altro non cheggio.

Se sei vero, è già pago il gran desio

e se sei sogno, io volentier vaneggio.

Giovan Battista Marino

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Rosa di fuoco (Antonio Machado)

Di primavera siete orditi, o amanti;

di vento e d'acqua e terra e sole orditi.

La montagna nei vostri petti ansanti

E dentro gli i campi rifioriti,

esibite una mutua primavera,

di dolce latte impavidi e insaziati,

ch'oggi v'offre la lubrica pantera,

prima che, torva, sul cammino guati.

Muovetevi, se l'asse della terra

verso il solstizio dell'estate aberra-

verde il mandorlo e vizza la violetta,

sete vicina, fonte non lontano-

verso la sera amabile e perfetta

con la rosa di fuoco nella mano.

Antonio Machado (1875-1939)

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O da lungi sì cara (Stéphane Mallarmé)

O da lungi sì cara, e bianca, e cara

tanto vicina, Mary, così te

deliziosamente, ch'io mi fingo

un qualche raro balsamo emanato

su un portafiori di cristallo, vuoto

annerito dal tempo, sì, lo sai…

Ecco che anni e poi anni, ecco che sempre

l'abbagliante sorriso mi prolunga

la stessa rosa e la sua estate bella

che si immerge nel tempo andato e poi

anche in quello futuro. E il cuore che

nelle notti comprendersi, talvolta,

cerca o con qualche nuovo nome, sempre

più tenero, chiamarti, mi si infiamma

per quello di sorella, detto solo

in un bisbiglio, testolina cara

e tesoro sì grande, se non fosse

che ben tutt' altra tu mi insegni, un'altra

dolcezza, sussurrata a bassa voce

col solo bacio in mezzo ai tuoi capelli.

Stéphane Mallarmé

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