{mosimage}La Venere dei Romani, dea della bellezza e dell'amore sensuale; figlia,
secondo Omero di Giove e di Didone, sarebbe invece nata, secondo una
leggenda più diffusa, e che trova giustificazione nell'etimologia greca
del nome dalla schiuma, emergendo in tutto lo splendore della sua
venustà e incomparabile grazia.
Era rappresentata, cinto il corpo di rose e di mirto, velato il fiore
della sua femminilità da una misteriosa cintura, tirato il carro da
passeri, colombi e cigni, col giocondo corteggio del riso, dei giochi,
dello zefiro, delle grazie e degli amorini.
secondo Omero di Giove e di Didone, sarebbe invece nata, secondo una
leggenda più diffusa, e che trova giustificazione nell'etimologia greca
del nome dalla schiuma, emergendo in tutto lo splendore della sua
venustà e incomparabile grazia.
Era rappresentata, cinto il corpo di rose e di mirto, velato il fiore
della sua femminilità da una misteriosa cintura, tirato il carro da
passeri, colombi e cigni, col giocondo corteggio del riso, dei giochi,
dello zefiro, delle grazie e degli amorini.
Appena nata, le ore con solenne pompa, la
portarono all'Olimpo, dove tutti gli dei furono conquistati dal suo
fascino; un po' meno le dee, gelose di vedere offuscato il loro
prestigio femminile, e sopra tutte, Giunone e Minerva, che le erano
state riconosciute inferiori in bellezza nel famoso Giudizio, da
Paride, chiamato da Giove arbitro nell'ardua contesa sorta tra le tre
dee per l'assegnazione della mela d'oro, gettata dalla dea discordia
sulla mensa nuziale di Peleo e Teti, con l'insidiosa scritta: alla più
bella! Dell'ambita preferenza assegnatale da Paride la dea lo
ricompensò aiutandolo a conquistare l'amore di Elena Greca, funesta
origine della decennale guerra di Troia.
{mosimage}L'aspra gelosia così amaramente sconfitta di Giunone non impedì però a
questa, di implorare in prestito dalla rivale vittoriosa il prezioso
cinto, quando tentò di riaccendere l'amoroso fuoco, ormai assopito, nel
marito Giove, l'eterno infedele: e, in quella congiuntura, Ermete
(Mercurio) trovò modo di trafugare, sagace maestro di frodi, dalle
stesse mani di Giunone l'afrodisiaco Cinto che Afrodite stentò poi a
recuperare. Dopo aver concepito, da un abbraccio con l'eroe troiano
Anchise, il Pio Enea, dovette, per comando di Giove, sposare Vulcano,
il deforme dio del fuoco, dal quale secondo la leggenda avrebbe avuto
due figli: Eros o Cupido e Anteros.
Ma Vulcano – al quale pare ella avrebbe dato un figlio, Priapo, re
degli orti – dubitava della fedeltà di lei; ed un giorno sorpresala tra
le braccia di Marte volle trarne allegra vendetta; circondato il letto
del-l'infedeltà d'una rete cosi ingegnosa che i due amanti vi rimasero
accalappiati, li offrì in scandaloso spettacolo, a tutti gli dei
accorsi al richiamo del marito tradito, che fu da loro deriso e
schernito come meritava. Oltre Marte numerosi altri amanti furono
attribuiti ad Afrodite: Dionisio o Bacco, che l'avrebbe resa madre
delle grazie; ed Epafrodito. Ma il suo grande amore fu Àdone.
All'antichissima, e certo più diffusa, tradizione di Afrodite terrestre
e sensuale, fu col tempo contrapposta, sull'autorevole testimonianza
del poeta Esiolo, l'altra celeste e spirituale, simbolo della forza
animatrice della natura e benigna pròluba, e rappresentata con in mano
lo scettro ed in fronte una stella.
portarono all'Olimpo, dove tutti gli dei furono conquistati dal suo
fascino; un po' meno le dee, gelose di vedere offuscato il loro
prestigio femminile, e sopra tutte, Giunone e Minerva, che le erano
state riconosciute inferiori in bellezza nel famoso Giudizio, da
Paride, chiamato da Giove arbitro nell'ardua contesa sorta tra le tre
dee per l'assegnazione della mela d'oro, gettata dalla dea discordia
sulla mensa nuziale di Peleo e Teti, con l'insidiosa scritta: alla più
bella! Dell'ambita preferenza assegnatale da Paride la dea lo
ricompensò aiutandolo a conquistare l'amore di Elena Greca, funesta
origine della decennale guerra di Troia.
{mosimage}L'aspra gelosia così amaramente sconfitta di Giunone non impedì però a
questa, di implorare in prestito dalla rivale vittoriosa il prezioso
cinto, quando tentò di riaccendere l'amoroso fuoco, ormai assopito, nel
marito Giove, l'eterno infedele: e, in quella congiuntura, Ermete
(Mercurio) trovò modo di trafugare, sagace maestro di frodi, dalle
stesse mani di Giunone l'afrodisiaco Cinto che Afrodite stentò poi a
recuperare. Dopo aver concepito, da un abbraccio con l'eroe troiano
Anchise, il Pio Enea, dovette, per comando di Giove, sposare Vulcano,
il deforme dio del fuoco, dal quale secondo la leggenda avrebbe avuto
due figli: Eros o Cupido e Anteros.
Ma Vulcano – al quale pare ella avrebbe dato un figlio, Priapo, re
degli orti – dubitava della fedeltà di lei; ed un giorno sorpresala tra
le braccia di Marte volle trarne allegra vendetta; circondato il letto
del-l'infedeltà d'una rete cosi ingegnosa che i due amanti vi rimasero
accalappiati, li offrì in scandaloso spettacolo, a tutti gli dei
accorsi al richiamo del marito tradito, che fu da loro deriso e
schernito come meritava. Oltre Marte numerosi altri amanti furono
attribuiti ad Afrodite: Dionisio o Bacco, che l'avrebbe resa madre
delle grazie; ed Epafrodito. Ma il suo grande amore fu Àdone.
All'antichissima, e certo più diffusa, tradizione di Afrodite terrestre
e sensuale, fu col tempo contrapposta, sull'autorevole testimonianza
del poeta Esiolo, l'altra celeste e spirituale, simbolo della forza
animatrice della natura e benigna pròluba, e rappresentata con in mano
lo scettro ed in fronte una stella.