Mostri favolosi, secondo la testimonianza poetica
di Esìodo, da Taumante figlio del Ponto e da Elèttra, figlia di Ocèano.
Erano raffigurate con viso di donna e il resto del corpo di uccelli
rapaci, con grandi ali e artigli aguzzi.
di Esìodo, da Taumante figlio del Ponto e da Elèttra, figlia di Ocèano.
Erano raffigurate con viso di donna e il resto del corpo di uccelli
rapaci, con grandi ali e artigli aguzzi.
Questi mostri, armati d'un becco adunco c di formidabili unghie, simili
vecchie ributtanti cui pendevano, dal petto, lunghe mammelle flaccide,
erano use a rapire dalle mense le vivande imbandite, spandendo sulle
rimanenti un così pestifero puzzo, che non era più possibile di
cibarsene.
La leggenda ne nomina spesso tre, i cui nomi discordano;
Celèno, che significa oscurità, Ocìpete, dal rapido volo, e Aello
apportatrice di tempesta. Altri fanno il nome di Ocitòe e Ocipete,
Alopo e Alchelào e anche di Podàrge e Tièlla. Esse furono sterminate da
Ercole, durante una delle sue dodici fatiche.
vecchie ributtanti cui pendevano, dal petto, lunghe mammelle flaccide,
erano use a rapire dalle mense le vivande imbandite, spandendo sulle
rimanenti un così pestifero puzzo, che non era più possibile di
cibarsene.
La leggenda ne nomina spesso tre, i cui nomi discordano;
Celèno, che significa oscurità, Ocìpete, dal rapido volo, e Aello
apportatrice di tempesta. Altri fanno il nome di Ocitòe e Ocipete,
Alopo e Alchelào e anche di Podàrge e Tièlla. Esse furono sterminate da
Ercole, durante una delle sue dodici fatiche.