Dei infernali o inferi

Presiedevano, presso gli antichi pagani all’espiazione dei gravi delitti commessi dagli uomini, e dei quali dovevano essere puniti con pene interminabili. Dell’ oltretomba, però, gli antichi avevano un’idea molto vaga ed indeterminata. Più conosciuti sono i variegati personaggi che lo popolarono secondo la mitologia greco-romana.

 

 

Si parlava d’un mondo deserto e tenebroso, dove i defunti erano tormentati in forma di ombre. Pei buoni, c’era l’Elisa che Esiodo poneva nell’estremo Occidente; pei malvagi c’era il Tartaro, posto – si diceva – sotto la terra, alla stessa distanza ch’è tra la terra e il cielo; e vi si entrava attraverso a molte caverne e dirupi, che conducevano al centro della terra, passando tra fiumi infernali, quali il Cocito, o fiume del pianto il Piriflegetònte o fiume del fuoco, l’Acheronte. o fiume del dolore, e lo Stige, o fiume dell’odio. il quale ultimo poteva essere attraversato unicamente sulla barca di Carente.
Le anime, appena entrate nel tenebroso regno di Ades, – nome greco del dio Plutòne, – si presentavano dinanzi a Minasse, che, con Radamànte e con Paco, amministrava la suprema giustizia. I giusti erano avviati ai Campi Elisi e i malvagi al Tartaro, dov’erano soggetti a vari tormenti. secondo le loro colpe, da parte delle Furie o Erinni.
Oltre a Plutone e Prosèrpina. rispettivamente re e regina dell’Inferno, la divinità che’ per certi suoi attributi, li riassumeva, identificandosi spesso con loro, era Ecate, figlia del titano Perseo e di Astèria, rappresentata dalla luna nella sua fase invisibile – quella ch’è, per noi, la luna nuova – ma coi caratteri paurosi degli spettri e delle apparizioni fantasmagoriche: ed era, per solito, designata anche con gli epiteti di Trivia o Triforme, e raffigurava da un gruppo compatto di tre donne, recanti in mano fiaccole, coltelli e una coda di serpente.
Anche la dea Gèa, personificazione divina della Terra, era spesso invocata insieme con gli Dei Inferi.

Dei Infernali

Caronte conduce i defunti alle porte dell’Ade. Affresco, II sec. a.C., nella Tomba 5636 a Tarquinia

Lascia un commento