
Non aspettavano che i colpevoli fossero morti per esercitare contro di loro le vendette: e non solo contro gli uomini, ma anche contro le città e le intere nazioni. La peste, la guerra, le inondazioni, la siccità, la carestia erano i loro flagelli.
Venivano loro sacrificate nere pecore pregne, montoni e tortorelle; ed erano considerati come sacri alla loro divinità il cipresso, l’ontano e il cedro, col contorno di bianco-pino, di zafferano e di cardi, come a dee infernali. In Grecia, avevano un tempio, nelle vicinanze dell’Areopago, che serviva di asilo inviolabile per tutti i malfattori i quali, quand’erano costretti a presentarsi dinanzi ai giudici, dopo di aver fatto un sacrificio alle dee, dovevano giurare sui loro altari che non avrebbero nascosto o alterato la verità. Oreste ed Edipo furono perseguitati, senza posa, dalle Erinni – i Romani le chiamavano Furie – finché, pel loro pentimento, la tardiva pietà degli dei finì per indulgere agli orrendi delitti dei quali, consapevoli o no, si erano macchiati.