Vecchio importuno, che 'l rozzo labbro irsuto
sporgi al labbro di lei, ch'io prego invano,
onde con Citerea sembri Vulcano,
ed ella par Proserpina con Pluto,
e mentre curvo e pallido e barbuto
accosti al bianco sen la rozza mano,
passero insieme e cigno, ascondi insano
giovinetto pensiero in pel canuto,
fuggi, ah fuggi meschin, né tanto possa
quel desir, che t'innebria i sensi sciocchi
e che t'empie d'ardor le gelid'ossa.
Sai ch'alberga la morte in que' begli occhi,
e tu che 'l piè su l'orlo hai dela fossa,
in vece di fuggir, la stringi e tocchi.
Giovan Battista Marino