Le mani delle donne che incontrammo
una volta, e nel sogno, e ne la vita:
oh quelle mani, Anima, quelle dita
che stringemmo una volta, che sfiorammo
con le labbra, e nel sogno, e ne la vita!
Fredde talune, fredde come cose
morte, di gelo (tutto era perduto):
o tiepide, parean come un velluto
che vivesse, parean come le rose:
rose di qual giardino sconosciuto?
Ci lasciaron talune una fragranza
così tenace che per una intera
notte avemmo nel cuore la primavera;
e tanto auliva la soligna stanza
che foresta d'april non più dolce era.
Da altre, cui forse ardeva il fuoco estremo
d'uno spirto (ove sei, piccola mano,
intangibile ormai, che troppo piano
strinsi?), venne il rammarico supremo:
– Tu che m'avesti amato, e non in vano!-
Da altre venne il desìo, quel violento
Fulmineo desio che ci percote
come una sferza; e immaginammo ignote
lussurie in un'alcova, un morir lento:
– per quella bocca aver le vene vuote!-
Altre (o le stesse) furono omicide:
meravigliose nel tramar l'inganno.
Tutti gli odor d'Arabia non potranno
Addolcirle.- Bellissime e infide,
quanti per voi baciare periranno!-
Altre (o le stesse), mani alabastrine
ma più possenti di qualunque spira,
ci diedero un furor geloso, un'ira
folle; e pensammo di mozzarle al fine.
(Nel sogno sta la mutilata, e attira.
Nel sogno immobilmente eretta vive
l'atroce donna dalle mani mozze.
E innanzi a lei rosseggiano due pozze
di sangue, e le mani entro ancora vive
sonvi, neppure d'una stilla sozze).
Ma ben, pari a le mani di Maria,
altre furono come le ostie sante.
Brillò su l'anulare il diamante
ne' gesti gravi della liturgia?
E non mai tra i capelli d'un amante.
Altre, quasi virili, che stringemmo
forte e a lungo, da noi ogni paura
fugarono, ogni passione oscura;
e anelammo a la Gloria, e in noi vedemmo
illuminarsi l'opera futura.
Altre ancora ci diedero un profondo
brivido, quello che non ha l'uguale.
Noi sentimmo, così, che ne la frale
palma chiuder potevano esse un mondo
immenso, e tutto il Bene e tutto il Male:
Anima, e tutto il Bene e tutto il Male.
Gabriele D'Annunzio (1863 – 1938)